Un’indagine promossa dal Safer Internet Center parla chiaro: il primo smartphone arriva sempre prima, e i genitori sono sempre più inconsapevoli delle attività che i propri figli svolgono in rete.
Qualche dato..
- Il 95% dei ragazzi che frequenta la Scuola Media è in possesso di un telefono cellulare, in contrasto a quanto suggerito dalla maggior parte degli studi che indicano i 14 anni come età minima.
- Il 90% degli adolescenti è online più di un’ora al giorno.
- Il 19% dei genitori non ha idea di cosa fanno i propri figli online, mentre il 34% ha solo una conoscenza superficiale.
- Solo il 16% dei genitori sa cosa fanno i propri ragazzi in rete.
- Secondo un report pubblicato da Digital 2021 sulla popolazione generale, le persone dedicano lo stesso quantitativo di tempo al sonno e alla fruizione dei contenuti online (circa 7 ore al giorno, di cui 3 solo sui social).
- ..Ciò significa, facendo un calcolo approssimativo, che il tempo totale speso da tutti noi online è di 1,3 miliardi di anni!
Potenzialità, ma soprattutto rischi (e danni)
L’utilità di smartphone e tablet e della tecnologia in generale, soprattutto a seguito della pandemia Covid-19, è certamente innegabile: connessioni a distanza, app multiuso, accesso immediato alla conoscenza, possibilità di mantenere costruire relazioni – anche significative! – con persone che vivono all’altro capo del mondo. Le “macchine” sanno fare talmente tante cose (e anche molto bene!) da essere diventate per certi versi irrinunciabili nella quotidianità di ognuno di noi.
Però…
Non solo una questione di praticità
L’utilizzo della tecnologia nel quotidiano sta apportando repentini e significativi cambiamenti non solo su un piano pratico-organizzativo – spesso fungendo da facilitatori di svariate attività- ma anche in area relazionale, emotiva, affettiva, cognitiva, in particolare nella fascia evolutiva che corre dall’infanzia all’adolescenza.
Una visione d’insieme
Vista la complessità del tema, l’invito è quello di considerare le due facce di questa complessa medaglia rappresentata dalla presenza della tecnologia nelle nostre vite:
- L’uso di smartphone e tablet amplifica la possibilità di fare più cose contemporaneamente, spesso permettendoci di ottimizzare i tempi delle molteplici attività in cui siamo impegnati, tuttavia a discapito della qualità di ciò che facciamo, dell’attenzione e della concentrazione che gli dedichiamo.
Una ricerca recente condotta da un team di ricercatori della Western Sydney University, della Harvard University, del Kings College, dell’Università di Oxford e dell’Università di Manchester ha inoltre dimostrato che l’utilizzo assiduo di strumenti digitali è in grado di modificare la struttura del cervello, le sue funzioni e lo sviluppo cognitivo, andando ad alterare i modi in cui esso memorizza (e valuta) i contenuti a cui veniamo esposti.
Questo aspetto è particolarmente rilevante in età evolutiva, momento in cui le competenze cognitive legate a memoria ed attenzione si trovano al massimo potenziale di sviluppo: lo conferma una recente ricerca dell’University of Southern California, la quale ha rilevato un raddoppio del rischio di sviluppare sintomi di Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività negli adolescenti che utilizzano in modo intensivo i dispositivi digitali. - Per quanto ci dia l’illusione di una “pausa relax” dagli impegni quotidiani, di fatto il cervello lavora durante la fruizione dei contenuti online, con effetti negativi anche sulla qualità del sonno.
“Andare a letto con la tecnologia in mano – spiega Gian Luigi Gigli, Past-President dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno – stimola l’attività del cervello e altera il regolare ciclo di sonno-veglia non consentendo al corpo di andare adeguatamente verso l’addormentamento”. L’illuminazione artificiale dello schermo, infatti, illude il cervello che sia ancora giorno e ostacola la produzione di melatonina, l’ormone che regola i ritmi sonno-veglia; il disturbo acustico delle notifiche, anche a notte fonda, causa micro-risvegli compromettendo il naturale flusso del sonno; l’uso dei videogiochi in tarda sera ha effetti negativi sulla fase del sonno profondo, fondamentale sul recupero fisico e dunque sulle attività del giorno. - Aumenta la sedentarietà, con effetti sul corpo: schermo in movimento significa immobilità fisica e spesso postura scorretta, anche per diversi minuti, in uno stato di totale inconsapevolezza data dal totale assorbimento ai contenuti.
Non solo: la possibilità di chattare comodamente sul proprio divano, con persone anche vicine fisicamente, scoraggia all’uscita “reale” di casa. - Consente di raggiungere persone lontane, ma allontana dalle persone vicine: lo sguardo fisso sullo schermo, anche se a orecchie tese sulla conversazione con i presenti, fa perdere moltissimi elementi comunicativi e disconnette emotivamente.
In età evolutiva, inoltre, la sostituzione delle relazioni “reali” con le relazioni “virtuali” ha un impatto sulla crescita sotto svariati punti di vista:
– La socialità, fin dalla prima infanzia, costituisce un pilastro basilare di quello che sarà, in futuro, l’”adulto nel mondo”. Prima ancora dell’ingresso alla Scuola dell’Infanzia, infatti, il bambino sperimenta il Sè sociale in famiglia, ambiente sicuro e palestra relazionale per quelli che saranno, successivamente, i rapporti “fuori”. Con la scolarizzazione, e le progressive richieste ambientali che questa comporta, l’individuo necessita di costruire un’attrezzatura sociale per il confronto con i pari e con gli adulti, costruzione che deve essere fatta “sul campo” e non può dunque essere sostituita dalla “palestra online”.
– I soli rapporti online impediscono di sviluppare – e rinforzare – le competenze di autoregolazione emotiva, che si costruiscono anche attraverso le interazioni con gli altri e i loro feedback verbali e non verbali. - Permette di scoprire il mondo, ma impedisce di conoscere se stessi:
– Come osserva il dott. Lancini (ad esempio qui), Internet ha reso possibile il “vivere mai da soli”, grazie alla immediata presenza di qualcuno (chiunque) sulla rete. Ciò impedisce agli adolescenti di sperimentare un reale e genuino contatto con se stessi – soli – , compromettendo lo sviluppo di competenze di autoriflessione e auto-osservazione, ma anche precludendogli la possibilità di comprendere “chi sono veramente”, bloccando o rallentando il complesso compito di costruzione identitaria, centrale in questa fase della vita.
– La presenza online è una presenza non-fisica: il corpo che si muove attraverso lo schermo (pur somigliante all’individuo, grazie alla possibilità di generare avatar sempre più realistici) non è un corpo che sente, percepisce, si emoziona. La possibilità di essere chiunque impedisce di contemplare le proprie parti di sè autentiche, e di conseguenza di accettarle, in favore di un “altro sè perfetto”, senza difetti. In età adolescenziale, dove il tema del corpo che cambia e che interagisce con i corpi degli altri è centrale, l’”essere” in forma digitale congela la possibilità di esperire i vissuti legati alle proprie trasformazioni, di mentalizzarle, di comprendere che questi mutamenti sono fisiolgici poichè riguardano tutti. Così, il corpo reale matura e si evolve sotto gli occhi dell’adolescente, il cui sguardo tuttavia è concentrato su un sé immutevole e irrealisticamente perfetto.
– Come dichiara la dott.ssa Gislon (ad esempio qui), inoltre, presupposto basilare per un sano contatto con i propri bisogni (e, di conseguenza, per la costruzione delle proprie sicurezze interne), è la possibilità di sperimentare noia, passività, attesa e frustrazione imparando che sono emotivamente tollerabili: un apprendimento reso impossibile dalla disponibilità totale ed immediata dei dispositivi tecnologici e dei contenuti online.