
l ritiro sociale è una condizione caratterizzata dalla tendenza ad isolarsi, ritirarsi dagli altri ed evitare le situazioni sociali. Le moderne teorie lo hanno concettualizzato come un costrutto eterogeneo, con un insieme complesso di substrati motivazionali, emotivi e comportamentali; un termine ombrello che racchiude manifestazioni differenti e con livelli di intensità diversi.
Durante l’adolescenza è un fenomeno che acquisisce maggiore severità, poiché implica un intralcio alla capacità di sviluppare le competenze sociali e di sfruttare le occasioni sociali tipiche della fase evolutiva.
Il ritiro sociale può essere visto contemporaneamente sia come sintomo di una difficoltà o psicopatologia già in essere, che come predittore o fattore di rischio.
Nel primo caso, per esempio, il ritiro sociale accompagna il disturbo d’ansia sociale, il disturbo depressivo maggiore, disturbi dello spettro autistico. Queste condizioni sono ostacoli ad una piena interazione sociale, fanno sperimentare isolamento e innescano circoli viziosi per cui per prevenire rifiuti e sentimenti di emarginazione ci si ritira ulteriormente. Queste difficoltà devono essere riconosciute e trattate adeguatamente.
Il gruppo dei pari
Il gruppo dei pari offre opportunità uniche per acquisire e affinare una vasta gamma di abilità sociali, emotive e cognitive; gli adolescenti che si perdono queste esperienze a causa di una continua mancata interazione sono a maggior rischio di sviluppare difficoltà di adattamento. Si possono manifestare fenomeni tipici dell’età, come il disadattamento scolastico fino al drop-out.
Rubin e colleghi (1991) hanno ipotizzato un modello in cui i comportamenti socialmente ritirati mettono i bambini a maggior rischio di esperienze negative con i pari (rifiuto, esclusione, vittimizzazione), le quali a loro volta perpetuano e incrementano problemi come ansia, depressione, solitudine, che aumentano ulteriormente la propensione al ritiro.
Fattori di protezione in adolescenza
Il ritiro sociale sembra quindi pesare particolarmente sulle traiettorie di sviluppo di bambini e adolescenti; la ricerca ha però individuato fattori di protezione specifici che possono agire a livello dell’individuo per ridurre il rischio di incorrere in difficoltà di adattamento sociale in bambini e adolescenti timidi:
- Problem solving. Kingsbury e colleghi (2013) rilevano che strategie di fronteggiamento basate sul problem solving e adottando comportamenti intenzionali per modificare un fattore di stress aiutano a conseguire un miglior benessere sociale.
- Capacità socio-comunicative. La capacità di utilizzare un linguaggio pragmatico e di utilizzare indizi contestuali per comprendere cosa intende l’interlocutore e raggiungere obiettivi sociali è associata a più alti livelli di adattamento (Coplan e Weeks, 2009).
- Lettura emozioni. La capacità di identificare espressioni emotive altrui salvaguarda bambini timidi da ansia e rifiuto sociale (Sette et al., 2016).
Il ruolo dei coetanei
Molti autori affermano che esistono buone ragioni per coinvolgere direttamenti i coetanei in interventi sul ritiro sociale (Silverman e Berman, 2001; Coplan et al., 2018) attraverso training sulle abilità sociali che vanno a chiamare in causa proprio i fattori di protezione sopra citati.
Appare quindi importante all’interno di un intervento integrare un lavoro su problem solving, capacità socio-comunicative e di lettura emozioni con la possibilità di farlo nel gruppo dei pari.
Un intervento di potenziamento sulle cosiddette Life Skills mediato dallo strumento del Gioco di Ruolo da tavolo in piccolo gruppo può andare incontro a queste esigenze.
Come? Ve ne parliamo nel prossimo articolo!