Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva, scrittore e ricercatore, risponde a questa domanda nel suo libro “Vietato ai minori di 14 anni” (2021), scritto in collaborazione con la psicopedagogista Barbara Tamborini.
Un’età per tutto
Come vi abbiamo già raccontato QUI, competenza non implica necessariamente capacità di gestire i risvolti della tecnologia, soprattutto in età evolutiva. Così come c’è un tempo per il motorino e per l’automobile, allo stesso modo c’è un tempo per smartphone e tablet, spiega il dott. Pellai.
Perchè smartphone e tablet sono off-limits fino ai 14 anni
L’invito ad evitare che bambini e preadolescenti posseggano uno smartphone o tablet personale prima dei 14 anni è sostenuto da svariate motivazioni che tengono conto di molteplici fattori legati allo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale:
- I bisogni in età evolutiva (socializzazione, costruzione identitaria, autoregolazione emotiva, …) non vengono soddisfatti da ciò che offre la rete; al contrario, l’online rischia di inibire il contatto con i propri bisogni autentici o generare pseudo-bisogni lontani da quelli allineati con la fase del ciclo di vita che stanno attraversando bambini e ragazzi.
- La disponibilità immediata dei contenuti in rete assopisce gli sforzi mnemonici che tengono allenata la mente, con effetti negativi sullo sviluppo cognitivo.
- La fruizione intensa dell’online riduce il successo scolastico poichè impatta sulle capacità attentive e di concentrazione, fino a incrementare il rischio di sviluppare sintomi da Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ve ne parliamo anche QUI).
- Osservare lo schermo dei dispositivi elettronici troppo a lungo ha un impatto negativo sullo stato di salute organica, danneggiando la vista e compromettendo la quantità e la qualità del sonno (ve ne parliamo anche QUI).
- Le attività online impediscono di sviluppare competenze di autoregolazione emotiva, necessarie long-life per la gestione di emozioni spiacevoli, ed espongono maggiormente ad affetti negativi e a disregolazioni dell’umore.
- A causa dei meccanismi di ricompensa e gratificazione immediata caratteristici di molte attività in rete, aumentano le probabilità di sviluppare sintomi ansiosi causati dal bisogno di essere perennemente connessi, creando dipendenza.
- Il mondo virtuale, in quanto non reale, induce alla normalizzazione di contenuti violenti, aggressivi e minacciosi, impattando sulle capacità di valutazione critica delle conseguenze delle proprie azioni e quindi compromettendo un sano sviluppo delle competenze empatiche.
- Alcuni contenuti online (social, ma non solo) generano diseducazione sessuale e un cattivo rapporto con il proprio corpo, fornendo immagini di ideali perfezionistici poco corrispondenti alla realtà. Ne deriva, soprattutto in età adolescenziale (dove il corpo che cambia, la costruzione identitaria e l’acquisizione di sicurezze interne sono temi centrali) un danno al proprio senso di autostima e autoefficacia, con esiti anche psicopatologici nei casi più gravi (Disturbi del Comportamento Alimentare, Dismorfofobia, Somatizzazioni, Autolesionismo, Dipendenza da Sostanze, ecc.).
- La rete dà una pericolosa illusione di sicurezza: ciò che accade “nello” smartphone non è solo nello smartphone. Per quanto virtuale, il mondo online può essere rischioso tanto quanto quello reale, se non di più, anche a causa delle sempre più raffinate strategie comunicative manipolatorie e seduttive utilizzate in rete per indurre i ragazzi a compiere gesti estremi (si pensi ad esempio alle “challenges”, o al famoso caso Blue Whale).
Come educare i propri figli all’uso dello smartphone
Come vi abbiamo accennato QUI la strategia non è limitare, ma responsabilizzare ed affiancare i più giovani nell’utilizzo della tecnologia.
Alberto Pellai non dà nessun veto: al contrario, riconosce i risvolti positivi dell’utilizzo degli strumenti digitali anche in età precoce, ma suggerisce di non beneficiarne in autonomia prima dei 14 anni, dando alcune dritte ai genitori (invitandoli, per primi, ad autoregolarsi nella fruizione dell’online):
1. Sì a Whatsapp (con lo smartphone dei genitori), no ai Social
Una prima socializzazione con l’online è necessaria fin dalla Scuola Media, perchè il mondo virtuale esiste e va conosciuto. Dunque Sì all’utilizzo di un PC in casa (anche per la scuola) e Sì alla possibilità di chattare con i propri amici su Whatsapp sullo smartphone dei genitori. NO invece ai social, nemmeno se fruiti con mamma e papà, sia per una questione di diritto alla privacy sia per non interferire sul delicatissimo processo di costruzione identitaria in atto, che necessita di condivisioni, discussioni e confronti reali con i pari.
2. Fare squadra tra genitori per costruire linee di azione condivise
“Non voglio che mio figlio si senta escluso perchè è l’unico a non possedere uno smartphone”: questa è una perplessità comune tra i genitori. Per quanto la preoccupazione sia condivisibile, la soluzione non è assecondare la richiesta dello smartphone quasi fosse un diritto incontestabile, ma fare squadra tra adulti creando comunità e rete e condividendo le linee di azione sul tema, anche per creare un senso di coerenza nella mente del gruppo dei loro ragazzi.
3. Proporre esperienze dal vivo alternative alle esperienze in rete
“Il vero rischio del mondo online non sta tanto in ciò che ti fa fare, ma in ciò che non ti fa fare, soprattutto in età evolutiva”, dice Pellai. Il mondo in rete propone tanto, a volte anche più di quelle che sono le possibilità reali di ciascuno di noi (si pensi ad esempio alla possibilità di visitare un Museo dall’altra parte del mondo, magari con il supporto di visori ultra realistici), per questo risulta spesso estremamente attraente. Tuttavia, vedere non è esperire. Non è “esserci”. In piena fase di crescita fare esperienze reali è estremamente importante per allenarsi a stare, poi, nel mondo adulto, fatto sì anche di digitale, ma soprattutto di relazioni “in vivo”.