Cosa è lo “sharenting”?
Dall’unione delle parole “to share” (condividere) e “parenting” (genitorialità) nasce questo neologismo che descrive una pratica sempre più diffusa tra i neogenitori: condividere continuamente foto e video dei propri figli sul web.
Quando lo sharenting è “troppo”?
..Ma come facciamo a definire un “troppo”, in un’epoca storica in cui 4,76 miliardi di persone (poco meno del 60% della popolazione mondiale) utilizza i social media (FONTE 2023) .. e tale cifra risulta in crescita?
Gregorio Ceccone (esperto di media education e comunicazione digitale) offre una riflessione su questo tema, invitando – più che a condannare – ad interrogarsi sul perchè esista il fenomeno dello sharenting, quali siano i bisogni sottostanti dei genitori e quali le conseguenze e i rischi di questa pratica.
Meglio interrogarsi sul “perchè” dello sharenting
Sono molte le motivazioni che sottostanno al comportamento di sharenting. Eccone alcune descritte dal dott. Ceccone:
- Convalida sociale: è questo il motore che spinge alla condivisione online delle immagini e video che ritraggono i propri figli, poichè i “like” della comunità in rete generano orgoglio, gioia, rispecchiamento. Ciò vale in particolar modo per coloro che considerano l’essere genitori un valore fondamentale, un simbolo di realizzazione personale. Condividere le fotografie e i video dei propri figli (e ricevere feedback positivi) è anche un modo per mostrare al mondo – e di riflesso, a se stessi – di essere dei “bravi genitori”, accrescendo il proprio senso di autostima ed autoefficacia.
- Coinvolgimento di amici e parenti, soprattutto se lontani e dunque impossibilitati ad accompagnare “in vivo” la crescita dei propri figli. Ciò consentirebbe anche ai cari più distanti di essere testimoni delle piccole grandi conquiste dei propri bambini – seppur in versione “digitale”.
- Salvataggio dei ricordi, in una versione moderna del “classico” album fotografico, grazie alla possibilità offerta dalla rete di raccogliere una mole consistente di contenuti multimediali che, essendo online, non andranno persi.
- Percepire solidarietà, vicinanza, “essere parte di”: per molti genitori l’esperienza di accudimento dei propri bambini può essere vissuta con paura, difficoltà e fatiche. Poter condividere online la propria esperienza (e scoprire di non essere soli, guardando i contenuti degli altri) diventa allora un modo per normalizzarla, per percepire un senso di comunanza con coloro che si stanno trovando a vivere un momento simile e dunque per sentirsi parte di un gruppo.
Cosa ne pensano i figli? Nei panni di un adolescente..
Una teenager fa causa ai genitori per aver postato foto di lei su Facebook: circa 500 scatti postati senza il consenso: «Non voglio che la mia infanzia sia pubblica, mi imbarazza» (FONTE: LA STAMPA)
Con l’arrivo dell’adolescenza il tema del corpo – del proprio corpo – si fa centrale, e la sensibilità allo sguardo degli altri è al massimo della sua espressione. Dunque, se da bambino vedere online la propria immagine sul vasino poteva essere divertente, da adolescente può diventare fonte di profondo imbarazzo e vergogna, emozioni che possono compromettere una serena costruzione della propria identità (personale e sociale). La sensazione di non avere voce in capitolo rispetto a ciò che viene pubblicato dai genitori e il sentirsi esposti contro la propria volontà sta portando molti ragazzi ad appellarsi ai diritti di privacy e consenso, al fine di percepire un recupero del controllo su ciò che li riguarda in prima persona.
I rischi dello sharenting
E’ vero, i genitori hanno sempre avuto la capacità di mettere in imbarazzo i propri figli pubblicamente – certamente senza cattive intenzioni – ma farlo online è diverso: ciò che va su Internet diventa proprietà di Internet, e può essere scaricato e riutilizzato a totale discrezione degli utenti della rete. Se un genitore pubblica una foto sui social, questa foto diventa proprietà di tale social. Se ci sono anche i tag, le foto possono essere trovate con una semplice ricerca su Google.. e lì rimangono, in modo permanente.
Alcuni consigli
L’intenzione di questo post, come l’intenzione del dott. Ceccone, non è quella di criticare i genitori che hanno piacere a condividere le foto dei propri figli online. Se un genitore lo fa, ha delle motivazioni (ve le abbiamo citate all’inizio di questo articolo)! Tuttavia, come tutte le attività in rete, anche quella dello sharenting può essere praticata con alcune accortezze che vanno a tutela dei soggetti coinvolti:
- Chiediti perchè vuoi condividere quel contenuto: “La sto condividendo con la famiglia e gli amici come semplice testimonianza delle nostre esperienze famigliari? Voglio condividere con il mondo la mia esperienza di essere genitore? Provo piacere nel ricevere like alle mie foto? Nutro delle speranze segrete di trasformare il mio bambino nel prossimo influencer di pannolini?” (G. Ceccone)
- Attenzione alla sicurezza: evita contenuti che possono far risalire l’osservatore ad informazioni personali e sensibili (luoghi spesso frequentati dai propri figli, come la scuola o il parco) ed immagini potenzialmente sessualizzabili.
- Attenzione alla privacy: verifica le impostazioni sulla privacy del social network che utilizzi e quelle specifiche che hai impostato sul tuo profilo (ad esempio: possibilità di condivisione, commento, download, re-post…).
- Attenzione alle impostazioni di geolocalizzazione, che possono essere pubbliche e mettere i pericolo i tuoi figli.
- Attenzione al consenso: mettiti nei panni di tuo figlio, rispetta il suo punto di vista e le sue eventuali richieste di non condivisione o di rimozione dei contenuti che lo vedono ritratto.
- Interrogati su quali messaggi stai trasmettendo ed insegnando ai tuoi figli riguardo ai temi di cui sopra (privacy, sicurezza, esposizione..).
- Parla con tuo figlio dei social media: cosa sono, cosa comportano (in termini di rischi e opportunità), come muoversi all’interno delle varie piattaforme, a quali contenuti “credere”, quali contenuti “filtrare”, e così via. (ve ne parliamo anche QUI).