Una patologia complessa e multiforme, che colpisce svariate aree del cervello di chi la soffre e impatta sulla qualità di vita dei suoi cari. Stiamo parlando del Morbo di Alzheimer, una malattia che solo in Italia interessa circa 600mila persone, una cifra destinata a raggiungere il milione nei prossimi anni.
Un po’ di storia
Era il 26 novembre 1901 quando Auguste D., una donna di 51 anni, fu visitata per la prima volta dal medico assistente di uno degli Psichiatri oggi più famosi al mondo: Alois Alzheimer.
Nonostante i suoi numerosi viaggi, nel 1906, anno della morte di Auguste, il dott. Alzheimer non si era dimenticato di lei. Studiò a lungo il suo cervello e giunse ad una conclusione: la malattia aveva una radice organica. La passione e la dedizione al lavoro lo portarono ad una fondamentale osservazione: rilevò infatti depositi di neurofibrille e le “famigerate” placche amiloidi che oggi – a livello anatomico – rappresentano i segni più evidenti di questa patologia. Queste modificazioni neuronali non erano ancora state documentate, e anche l’insorgenza precoce e i rapidi progressi dei sintomi non corrispondevano al tipico quadro di demenza senile fino a quel momento descritto: doveva quindi trattarsi di una nuova patologia.
I numeri dell’Alzheimer
Considerata una delle principali cause di morte, oggi al mondo circa 50 milioni di persone (quasi 1 milione e mezzo in Italia) soffrono di una qualche forma di demenza, con una stima previsionale di 150 milioni nel 2050. Nello specifico, il Morbo di Alzheimer in Italia interessa circa 600mila malati e 3 milioni di persone – tra familiari e caregiver – vivono indirettamente le conseguenze di questa patologia, con un impatto significativo sulla loro qualità di vita.
Il tortuoso percorso verso una cura efficace
Nonostante la preoccupante epidemiologia sopra descritta, medici e ricercatori sono ancora piuttosto ignari dei meccanismi che causano (e mantengono) il Morbo di Alzheimer. Non potendo agire sulle cause, nessuno tra i trattamenti (farmacologici e psicologici) che vengono proposti oggi è in grado di arrestare il disturbo. L’unica strada percorribile attualmente, dunque, è quella che ha come obiettivo l’attenuazione (temporanea) di alcuni sintomi nell’ottica di rallentare la progressione della malattia, riducendone l’impatto individuale e sociale.
Perchè non esiste ancora una cura?
Se la patologia è stata descritta per la prima volta dal dott. Alzheimer nel 1906, perchè a distanza di più di cento anni non abbiamo ancora una cura?
La risposta sta nella complessità di questa malattia, che colpisce svariate aree del cervello e altrettante funzioni: una malattia multifattoriale e molto articolata, che inizia a svilupparsi molto prima dell’esordio sintomatologico e che spesso, nei primi stadi, viene confusa (dal 62% degli operatori sanitari!) con altre patologie o con le conseguenze di un fisiologico invecchiamento. Inoltre, nonostante la prima descrizione del Morbo sia avvenuta più di un secolo fa, solo nel 1984 è stata scoperta la formazione della proteina amiloide, già precedentemente citata in questo articolo come uno dei principali responsabili della malattia.
Traguardi e speranze
Date le difficoltà sopra descritte nel trovare una cura, i ricercatori hanno deciso di concentrarsi (per ora) su un altro tipo di studi, il cui obiettivo è quello di intercettare il più precocemente possibile (dunque ancor prima della comparsa dei sintomi) i segnali di un futuro esordio di malattia.
Di fatto negli ultimi decenni gli scienziati hanno scoperto i fattori chiave dell’Alzheimer: la proteina tau e la già citata proteina amiloide (sugli effetti della quale si stanno anche sviluppando alcuni farmaci), entrambe rilevabili attraverso specifici esami medici.Un altro grande traguardo è stato riuscire a definire criteri diagnostici standardizzati e linee guida condivise a livello internazionale specifici per l’Alzheimer: insieme agli esami sopracitati ciò permette anche, oggi, di distinguere il Morbo da altre patologie cerebrali che, a differenza della demenza, sono curabili.
Un nuovo test diagnostico
“Ai primi sintomi, la malattia è già in moto da vent’anni”, spiega Mathias Jucker, dell’Hertie-Institut fur klinische Hirnforschung di Tubinga, Germania.Data quindi l’importanza della diagnosi precoce di questo tipo di malattia, la ricerca sta sviluppando nuove metodologie per individuarla. Oltre alla diagnosi clinica (che considera primariamente i sintomi tipici del Morbo), accanto agli usuali – ma costosi, invasivi e talvolta fuorvianti- metodi (la PET amiloide e il prelievo di liquido cerebrospinale), recentemente negli Stati Uniti è stato collaudato un nuovo test: si tratta di un semplice prelievo di sangue che consente di calcolare la probabilità che nel cervello vi siano placche amiloidi, segno tipico di questa patologia.
Una dedica all’Alzheimer, per immagini
“Per le persone con Alzheimer, il passato diventa parte del presente. I ricordi lontani passano dallo sfondo al primo piano”.Vogliamo concludere questo articolo con le parole di Gregg Segal, fotografo, che ha dedicato il suo Progetto “Remebered” alle persone che soffrono il Morbo di Alzheimer, con il nostro invito ad andare a dare un’occhiata alle sue emozionanti immagini.